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Le nuove manovre del governo per le imprese ed i loro collaboratori.

Prende vita la nuova manovra fiscale, che si prefigge l’obiettivo di detassare i redditi sia per i dipendenti che per le partite Iva.
Dopo aver innalzato il limite del regime forfettario da 65.000 a 85.000 euro, il governo inizia a lavorare sui redditi dei dipendenti. Oltre al già annunciato taglio del cuneo fiscale fino al 5%, che porterà nelle tasche dei lavoratori in media 80 euro in più al mese, si pensa anche a una sulle tredicesime a partire dal 2024.

SULLE TREDICESIME
La sulle tredicesime, e il relativo minor carico fiscale, è anche una mossa per stimolare l’economia: si punta infatti a dare maggiore liquidità ai lavoratori durante il periodo natalizio in cui le vendite aumentano. In programma anche la semplificazione dell’Irpef e il relativo passaggio da quattro a tre aliquote e per i lavoratori autonomi ed addio all’.

Il governo è già a lavoro per cercare le coperture e diversi miliardi dovrebbero arrivare dal taglio di alcuni bonus che negli anni si sono dimostrati improduttivi e dal maggior gettito fiscale che dovrebbe arrivare da una tassazione più equa.
Nel frattempo però alla tredicesima del 2023 non si applica il nuovo taglio del cuneo fiscale previsto dal Decreto Lavoro.

QUESTIONE
Un’altra intenzione del governo Meloni è quella di dire addio all’ (Imposta regionale sulle attività produttive), che sarà sostituita dalla “istituzione di una sovraimposta tale da assicurare un equivalente gettito fiscale atto a garantire il finanziamento del fabbisogno sanitario, nonché il finanziamento delle Regioni che presentano squilibri di bilancio sanitario ovvero che sono sottoposte a piani di rientro”. Così si legge nella bozza del disegno di legge sulla riforma fiscale.

AFFITTI E FRINGE BENEFIT
Potrebbe arrivare l’introduzione di una cedolare secca sui redditi da immobili non abitativi e l’aumento da 258 euro a un massimo di 3.000 euro per i fringe benefit elargiti dai datori di lavoro ai dipendenti.

La nostra associazione plaude queste manovre, che sembrano sufficienti come punto di partenza per una ripresa, ma i danni dalla gestione covid ci impongono di monitorare con cura la situazione, avvertendo il legislatore che ci sono interventi più urgenti -da mettere in campo- che riguardano il comparto HoReCa e la sua filiera.
Le aziende del settore continuano a registrare una riduzione del margine operativo, tale, da non potersi permettere la sopravvivenza in alcuni casi.

La somma dell’aumento dei costi delle materie prime, la mancanza di personale, di manovre bancarie a favore del comparto, dei costi di luce e altalenanti (ed alti) ci portano ad alzare i prezzi in maniera incontrollata e con l’aumento dei tassi d’interesse attraverso assistiamo al raddoppio delle rate dei e al carrello della spese alto, nelle zone di periferia e di provincia ci troviamo difronte ad una paralisi degli acquisti, poiché la serenità di spesa delle famiglie viene meno.

Chiediamo di porre attenzione a quanto scritto e di guardare anche fuori dai grandi centri abitati, dove è vero che il turismo è tornato ad un ritmo interessante rispetto gli anni di pandemia, ma anche di non fermarsi alle apparenze dei pienoni da weekend, andando ad analizzare quante strutture ricettive (ristoranti compresi) sono attualmente aperti che rispondono alla “domanda”, rispetto a quelli che ancora sono chiusi. Esempio chiaro su Roma, che ad oggi, su un totale di 450 alberghi ne registra “chiusi 250” (o poco meno).

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Vicepresidente MIO .

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